Una vita nei vigili del fuoco, i gemelli Travaini vanno in pensione "Amore a prima vista per questo lavoro" - piacenzasera.it

2022-11-03 14:44:56 By : Jane Xu

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È tempo di saluti al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Piacenza. Dopo una vita dedicata al servizio della collettività, i due capo reparto Daniele e Roberto Travaini, fratelli gemelli, dal 1° Novembre si congedano dopo una lunga e prestigiosa carriera nei Vigili del Fuoco e vanno in pensione.

Daniele e Roberto hanno intrapreso questo lavoro insieme: con grande affiatamento, dedizione e passione hanno affrontato molteplici interventi. “La nostra è una passione nata quando tra gli anni 1981 e 1982 abbiamo svolto il servizio di leva nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco come vigili ausiliari – spiegano Daniele e Roberto Travaini -. Insieme sin dal primo giorno, abbiamo seguito un corso di formazione a Roma durato qualche mese; successivamente siamo ritornati nella nostra città, a Piacenza, e qui abbiamo completato l’intero ciclo della leva militare. È scoccata immediatamente la scintilla, l’amore a prima vista per questo lavoro. E da lì, quando ci siamo congedati, l’unica strada che intendevamo percorrere era quella di diventare vigili del fuoco professionisti. Abbiamo dovuto attendere 7 (lunghi) anni, poi finalmente il Ministero bandì un concorso statale nel 1989. Ci iscrivemmo e lo superammo. Finalmente, nel 1990 eravamo diventati vigili del fuoco permanenti. Per noi una gioia immensa: si era finalmente realizzato il nostro sogno”.

“Sin dal primo giorno di lavoro siamo stati assegnati al Comando Provinciale di Piacenza e abbiamo varcato così la soglia della Caserma (allora in Viale Dante Alighieri). Comprensibilmente e naturalmente ci separarono: abbiamo preso servizio in due turni differenti (in tutto ci sono 4 turni, ndr). Ma non sono mai mancati i momenti passati a confrontarci l’uno con l’altro; da una parte a ripercorrere passo passo gli interventi conclusi e dall’altra a studiare e addestrarci».

“I nostri colleghi rappresentano la nostra seconda famiglia, e nel corso del tempo, in questo lavoro, abbiamo sempre dato il massimo. Persino adesso, dopo oltre 33 anni, siamo ancora follemente innamorati di questa vita e del lavoro di squadra, in cui ogni vigile del fuoco risulta essenziale su ogni intervento: è naturale che si venga ad instaurare un clima di grande fiducia degli uni con gli altri».

“Facendo un raffronto, tra gli inizi della nostra carriera ad oggi, abbiamo assistito ad una evoluzione di questo mestiere. Negli anni Novanta erano tanti gli interventi per incidenti stradali e per incendio di cascinali – raccontano i gemelli Travaini -. Nel corso del tempo c’è stato un mutamento, sono subentrati interventi sempre più specifici come ad esempio quelli Saf (speleo alpino fluviale, specializzazione con uso di funi e corde, specie per soccorso in ambiente impervio, ma attuato anche in caso di interventi sia ai piani alti di edifici così come per il recupero di persone o animali da ponti e crepacci), soccorsi in acqua e fluviali, fino a interventi, nell’ambito della protezione civile, di tipo ‘convenzionale’ che coinvolgono sostanze chimiche, biologiche o radiologiche. Riassumendo, si è di fatto molto allargato il campo delle competenze dei Vigili del Fuoco. Nel corso della nostra carriera lavorativa abbiamo svolto tanti corsi specifici e di aggiornamento, tesi proprio a raggiungere e a consolidare le competenze”.

“Il passaggio più importante per noi è stato quando da vigile permanenti siamo diventati capi squadra – spiegano -, di fatto è che questo il momento cruciale della carriera di ogni vigili del fuoco, perché si va in contro a responsabilità ulteriori: finché sei vigile vieni comandato dai tuoi superiori, con il grado di capo squadra sei tu a dover impartire ordini. Un passaggio che rappresenta oneri e onori, ma che però è uno stimolo in più nel fare bene questo lavoro”.

“Il nostro più grande difetto – ammettono – è che vorremmo che tutti i vigili del fuoco amassero questo lavoro così quanto lo amiamo noi. Chiunque indossi questa divisa deve portarle massimo rispetto, deve aver voglia di imparare, sapersi mettere in gioco ed essere prudente: occorre la piena consapevolezza che, indipendentemente dal tipo di intervento a cui è chiamato a concorrere, deve risolvere il problema e non andare a crearne di ulteriori. La cosa che conta è che alla fine di ogni turno di lavoro tutti tornino a casa e possano riabbracciare le proprie famiglie. Perché un collega ferito, o peggio ancora deceduto, è una sconfitta. Questo è un mestiere ad alto rischio, per questo ogni capo squadra o capo reparto quando arriva su un intervento deve essere scrupoloso sulla sicurezza dei propri uomini e donne. La base di ogni vigile del fuoco è la preparazione fisica e l’addestramento. Il consiglio che ci sentiamo di dare a chi vuole intraprendere questa carriera lavorativa e ai nostri colleghi è di continuare a cimentarsi in simulazioni, le più disparate, prendendo dimestichezza con l’attrezzatura (e i dispositivi di protezione) e con la consapevolezza che, quando si sarà chiamati ad affrontare un intervento, entrerà in gioco l’adrenalina. Ma grazie all’addestramento si potrà mantenere i nervi saldi e riuscire a lavorare in maniera ottima, sapendo a memoria cosa c’è da fare. Ogni vigile del fuoco è un tassello importante della squadra; essere ben addestrati vuol dire ridurre significativamente il rischio di infortunarsi o di cagionare danni”.

“L’intervento più impegnativo, non solo fisicamente ma anche sotto il profilo dello stress psicologico, per entrambi è stata probabilmente l’emergenza alluvione del Nure e del Trebbia del 14 settembre 2015 – spiega Daniele -. Ero a casa e venni richiamato in servizio. Con il collega Davide Sbuttoni uscimmo dalla caserma diretti verso Bettola. Nel buio, lungo la provinciale, poco dopo Pontedellolio, ci accorgemmo della luce dei fari di un’auto che stavamo per incrociare. Improvvisamente capimmo che l’auto non era più sulla carreggiata ma era in balia delle acqua impetuose del Nure. Frenammo bruscamente ed abbiamo così evitato di cadere e finire anche noi risucchiati dalla corrente”.

“Quella notte furono innumerevoli gli interventi. Da una palazzina crollata a Ferriere poco dopo aver tratto in salvo una donna – prosegue il racconto Roberto – a una coppia di coniugi recuperata sul filo del rasoio con il gommone: marito e moglie erano intrappolati in un camper che stava galleggiando a Bobbio ma che presto sarebbe affondato con loro all’interno. La cosa che più mi rimane impressa ancora oggi mi è stata detta qualche ora dopo da quella signora: avevo pregato tanto che arrivassero degli angeli a salvarci e siete arrivati voi…”.

“La nostra passione ha contagiato anche l’altro nostro fratello minore, Gianluca, che oggi ha oltre 30 anni di servizio, ha raggiunto anche lui il grado di capo reparto. Ma il nome dei Travaini non scomparirà – spiega sorridente Roberto – da poco più di un anno è entrato anche mio figlio Matteo. È ancora giovane, ha 31 anni, e sta ancora imparando ma guardandolo all’opera rivedo in lui me stesso, la mia passione. Sono davvero fiero di lui e dell’impegno che ci mette. Apprezzo molto che alla fine di ogni turno con umiltà si confronti con i vigili più esperti. È l’orgoglio del papà e degli zii”.

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